Bambini transgender e disforia di genere

La disforia di genere o disturbo dell’identità di genere è la diagnosi medica per chi ha una forte identificazione con il sesso opposto a quello biologico. La sua inclusione nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM V) dell’Associazione psichiatrica americana è oggi oggetto di polemiche nelle comunità transgender in quanto implica che si tratti di una mallattia mentale anzichè di un’identità.

Il gender o genere è il risultato di un’insieme di elementi: i cromosomi (x e y), gli organi genitali interni ed esterni, gli ormoni (testosterone ed estrogeni), la psicologia e la cultura (comportamenti sociali maschili e femminili).

I cisgender si identificano con il sesso assegnato alla nascita, i transgender no.

Alcune persone sentono di avere un’identità di genere interiore analoga all’altro sesso. Alcuni individui non sentono di appartenere a nessuna delle due categorie e rifiutano qualsiasi appartenenza di genere.

Appena il bambino inizia ad utilizzare il linguaggio verbale, percepisce quasi sempre un’identità di genere conforme al proprio sesso biologico. Di solito, i bambini si percepiscono come maschi e femmine, alcuni invece, di genere fluido o di nessun genere.

Intorno ai due anni il bambino è consapevole delle differenze fisiche tra maschi e femmine, intorno ai quattro anni ha chiara la sua identità di genere e si comporta in base ai propri ruoli quando si tratta di scegliere vestiti, giochi e giocattoli. Con lo sviluppo tale percezione relativa alla propria identità può diventare meno netta.

Può capitare che un maschio voglia usare abiti femminili o giochi per bambine, che provi disgusto per i propri organi genitali e che ci sia un netto rifiuto per il pene, i testicoli o la vagina,  il maschietto può ostinarsi a fare la pipì seduto e la bambina-adolescente può rifiutare il seno e la comparsa delle mestruazioni. L’idea che questi bambini hanno di sé è quella di non appartenere al sesso assegnato alla nascita, sentono invece un’appartenenza al sesso opposto o a nessun genere. Per alcuni bambini, l’identificazione con l’altro genere è temporanea, per altri la percezione diviene costante e durevole nel tempo e questo, li porterà a diventare adulti transgender.

Le cause sono biologiche, sociali e psicologiche, anche se non c’è alcuna conferma che esista una correlazione tra transgenderismo, cure genitoriali e traumi infantili.

In assenza di una rete di supporto, il bambino sperimenterebbe sentimenti di rifiuto, vergogna e sensi di colpa incrementando in tal modo difficoltà psichiche e disagi relazionali.

Nell’adolescenza sono infatti frequenti, disturbi dll’alimentazione, bullismo, autolesionismo e tentativi di suicidio.

Per queste ovvie ragioni sembra essere di fondamentale rilevanza, l’accoglienza non giudicante nei confronti del bambino da parte della famiglia e del gruppo dei pari.

La psicoterapia di gruppo per i genitori e i bambini è di grande aiuto per fare in modo che essi diventino degli adulti consapevoli e con abilità di coping. Sostenere l’identità, la speranza e la famiglia nell’incertezza attraverso un lavoro con un’equipe multidisciplinare, diventa di rilevante importanza. L’approccio non dovrebbe essere restrittivo ma volto sempre a promuovere il benessere psicofisico del bambino.

L’ambiente influisce sui comportamenti, l’identità di genere è una percezione interna, tale senso di sé interno, relativo al genere, non è una malattia ma un’identità, per questo è fondamentale capire dove porta la sua percezione e non bloccarla.

La pubertà è un periodo cruciale perchè si sviluppano i tratti sessuali secondari che corrispondono contemporaneamente ai cambiamenti dell’ambiente sociale, come ad esempio, essere trattati apertamente come membro del sesso assegnato alla nascita.

Il periodo tra 10 e 13 anni è decisivo per questi bambini, perché essi diventano consapevoli della persistenza dell’identità di genere. Nella maggior parte dei casi, la disforia di genere scomparirà prima o con l’inizio della pubertà, (desister), alcuni di loro, continueranno invece a manifestare disforia (persister). Inoltre molti di essi svilupperanno omosessualità o bisessualità.

Discriminare tra bambini persister e desister, per orientare in maniera realistica e mirata l’intervento multidisciplinare, è uno degli obiettivi primari per la presa in carico del bambino.

Alcuni recenti studi affermano che ci può essere una correlazione tra condizioni dello spettro autistico e disforia di genere. Più il divario tra empatia e tendenza alla sistematizzazione e alla schematizzazione è ampio, più è grande il rischio di autismo nel bambino con disforia di genere.

La possibilità di interventi fisici dovrebbe essere valutata con molta cautela da parte di un equipe di esperti e l’intervento chirurgico non preso mai in considerazione prima dell’età adulta.

È fondamentale che i genitori assumano un atteggiamento caratterizzato da accettazione, comprensione e amore incondizionato verso il proprio figlio.  Il bambino con un’organizzazione atipica dell’identità di genere deve sentirsi amato, non giudicato e  accettato per quello che sente di essere nel profondo.