Il transgender può avere sentimenti di svalutazione e un profondo vissuto di non riconoscimento per quello che sente davvero di essere dovuto alle difficoltà che si trova ad attraversare e che nascono nelle sue relazioni sociali e familiari.
E’ sempre molto difficile rivelare ai propri genitori di essere transgender e, il più delle volte si viene definiti come omosessuali.
Spesso emergono nei familiari elementi gravi di rifiuto, negazione, vergogna, sensi di colpa. Questi sentimenti vengono espressi attraverso episodi di profonda rabbia e, perfino, allontanamento dalla famiglia.
Purtroppo quando un bambino non ha un adeguato supporto psichico dai genitori, ma anzi è già vittima di azioni di bullismo degli stessi familiari, è facile che possa essere nuovamente e ripetutamente vittima di violenze da parte dei pari, proprio perché, avendo già vissuto in famiglia il ruolo di vittima, diventa normale per lui, esserlo anche nella vita sociale. Ci si trova infatti, a vivere un profondo senso di solitudine, in una realtà che ancora oggi, ignora il mondo dei transgender.
Se si pensa quanto sia comune la richiesta di alcuni genitori, nel setting psicoterapico, di trasformare in eterosessuale il figlio che si è dichiarato omosessuale, ci si accorge di non essere affatto così lontani da quando, in passato, la famiglia chiedeva ai medici una terapia ormonale che tendesse a risolvere la situazione e a “normalizzare” il figlio transessuale.
Un’altra reazione comune è che la famiglia si chiuda in se stessa e protegga eccessivamente la persona transessuale dal mondo esterno impedendone la crescita e l’individuazione.
In entrambi i casi il vissuto della persona è quello di non essere riconosciuta.
La famiglia, invece, rischia di non vivere in una condizione adeguata alla realtà, con tutte le conseguenze del caso.
Il supporto ai familiari, è indicato quando le condizioni permettono un intervento psicologico educativo, supportivo e di sostegno anche attraverso la psicoterapia di gruppo.
Se invece si ha una protezione adeguata da parte della famiglia di origine, le varie difficoltà relazionali e sociali possono ovviamente essere affrontate in maniera più naturale perché durante la sua evoluzione, l’individuo ha avuto la possibilità di sviluppare una capacità di coping che lo porta ad sostenere gli eventi della vita in modo consapevole e maturo.
A volte capita che chi soffre per la sua identità, si sposi e crei una famiglia propria, prima di essere consapevole di ciò che gli sta accadendo davvero, comunicando solo successivamente ai propri familiari la sua condizione psicologica, questo può portare a gravi conflitti, soprattutto con i propri figli.
Quando invece la persona transgender si costruisce una famiglia dopo che ha completato l’iter di transizione, la difficoltà può essere quella di incontrare un partner che capisca davvero il suo vissuto. Capita a volte, che il compagno, sia attratto da ciò che la persona era prima dell’intervento e non veramente per quello che sente davvero di essere. Inoltre può accadere che la relazione sentimentale pre-intervento possa incrinarsi proprio perché il cambiamento anatomico non viene accettato o compreso. Per questo è necessario che il partner sostenga fortemente e profondamente la persona transgender anche per riuscire ad affrontare insieme, in maniera solidale, il giudizio del mondo esterno.
Anche le relazioni sociali possono essere un ostacolo, proprio per il fatto che il transgender viene percepito come colui o colei che si comporta come se appartenesse all’altro sesso, e dunque ambiguo. Questo può provocare derisione, insulti e isolamento.
La paura di mettere se stessi ed il proprio equilibrio in pericolo, fa sì che la più intima parte di sé venga proiettata sul prossimo. La transfobia nasce e si sviluppa proprio dalla minaccia per la propria fragile identità di essere messa a repentaglio. Le persone hanno paura da ciò che possono essere in qualche modo minacciate o tentate perché è fondamentalmente inaccettabile per la coscienza.
Si ha paura di ciò che è diverso e apparentemente distante dalla propria sfera sessuale.
La frequenza e la facilità con cui uomini eterosessuali frequentano abitualmente il mondo transgender della prostituzione può esserne una conferma.
Anche il mondo del lavoro può diventare una realtà difficile, a causa della forte discriminazione e del facilità con la quale il fenomeno transessuale viene allacciato a quello della prostituzione. Il mobbing e la non assunzione sono molto frequenti poiché sono verità che hanno motivazioni difficili da dimostrare.
Dal 1982 (legge 164) è legale in Italia, l’intervento di riattribuzione chirurgica di sesso, che resta la soluzione più estrema, poiché comporta, in seguito ad una terapia ormonale, una trasformazione anatomica del corpo, a tale metamorfosi, fa seguito un cambiamento di tipo anagrafico. Dopo l’intervento possono esserci comunque delle difficoltà psicologiche e relazionali dovute all’anticipazione di un possibile rapporto sessuale con il partner con un corpo che si è sempre desiderato ma che resta per molti aspetti, nuovo ed ancora in parte, sconosciuto.
Il mondo delle persone transgender non è sicuramente facile e l’individuo che si trova a vivere questa realtà si trova spesso immerso nella sofferenza e nella solitudine. L’obiettivo non è solo quello di creare una rete sociale e amicale intorno che sostenga e accolga, ma favorire la conoscenza e l’informazione affinchè tutti possano essere consapevoli di cosa si tratta. Essere considerati ambigui, omosessuali o qualcosa di estraneo a ciò che si è realmente, non è sicuramente la strada giusta per riuscire a ridurre le difficoltà che si trova a vivere la persona transgender.
Dott.ssa Gabriella Seghenzi
Psicologa clinica, Psicoterapeuta Gestalt Analitica, Esperta in sessuologia